trattazione originale del caso maxwell

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hexen
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trattazione originale del caso maxwell

Messaggio da hexen »

la mia tesina di maturità verte sull'applicazione della matematica non elementare nella vita quotidiana, ad esempio parlo della crittografia usata ogni giorno (ad esempio quando si spedisce il numero di carta di credito ecc...). Di fisica porto il caso maxwell, l'invenzione di un'entità matematica dalla quale derivano un sacco di cose di uso quotidiano, con l'intenzione di trattarlo più dal punto di vista matematico considerando però che con le mie conoscenze matematiche sono stato in grado di capire al massimo le equazioni nella forma integrale (riportate nella trattazione per sottolineare anche l'uniformità di simbologia).
Quali altri aspetti mi consigliate di trattare?

ciao e grazie dell'aiuto :D
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MindFlyer

Re: trattazione originale del caso maxwell

Messaggio da MindFlyer »

hexen ha scritto:Quali altri aspetti mi consigliate di trattare?
La Matematica che si usa quando si fa la spesa.
hexen
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Re: trattazione originale del caso maxwell

Messaggio da hexen »

MindFlyer ha scritto:La Matematica che si usa quando si fa la spesa.
me stesso ha scritto: sull'applicazione della matematica non elementare
:D

cmq mi riferivo in fisica :D
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Messaggio da Offidani »

Tutto ciò che riguarda le automobili?
rargh
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Messaggio da rargh »

Guarda che le equazioni di Maxwell in forma locale, cioè con operatori tipo rotori e divergenza, non sono difficilissime, e secondo me sono più utili di quelle integrali.

La divergenza e il rotore sono degli strumenti originari della fisica dei fluidi.
La divergenza di un campo vettoriale in un punto può essere definita come limite del rapporto tra flusso del campo in una superficie chiusa di un solido centrato in un punto e il volume del solido stesso, al tendere del volume a 0. In pratica una "densità di flusso".
La divergenza di E si indica con:
$ \nabla\cdot$\mathbf{E}$ $

Allora riassumendo la definizione che ti ho dato prima si può scrivere con:
$ \nabla\cdot$\mathbf{E}$=\lim_{V_A \to 0}\frac{\Phi_A(E)}{V_A} $

dove A è il nome del solido.

Da cui puoi vedere facilmente che il teorema di gauss si riduce a:
$ \nabla\cdot$\mathbf{E}$=\frac{\rho}{\epsilon_0}} $
dove $ \rho $ è la densità di carica.

E la legge del flusso del campo magnetico:
$ \nabla\cdot$\mathbf{B}$=0 $

Data la precedente definizione di divergenza, è intuitivo vedere l'operazione contraria, cioè ottenere a partire dalla divergenza il flusso di un campo attraverso una superficie chiusa:
$ \Phi_A(E)=\int_A \nabla\cdot$\mathbf{E}\,dV.\ $

cioè ottenere il flusso totale a partire dalla "densità di flusso".

L'espressione della divergenza dipende dal sistema di coordinate: per ottenere quella in coordinate cartesiane prova a calcolare il limite flusso/volume per un parallelepipedo, con gli assi paralleli agli assi cartesiani, centrato in (x,y,z) e di lati (dx,dy,dz). Otterrai che questo limite è:
$ \nabla\cdot$\mathbf{E}$=\frac{\partial E_x}{\partial x} + \frac{\partial E_y}{\partial y} + \frac{\partial E_z}{\partial z} $


Ora ci sono molti dettagli non banali se si tratta la questione con rigorosità matematica, del tipo dimostrare che quelo limite del rapporto tra flusso e volume, se esiste, non dipende dalla forma del solido. Infatti in analisi la divergenza è definita a partire dalla sua espressione in coordinate cartesiane, e da questo si ricavano tutte le proprietà elencate prima.

Ti ho detto che divergenza e rotore sono concetti originari della fisica dei fluidi: se provi a pensare che il tuo campo vettoriale rappresenta le correnti in un fluido incompressibile, il vettore in questione rappresenta la velocità della corrente d'acqua, e puoi vedere le cariche come "sorgenti" d'acqua o "pozzi", a seconda che siano positive o negative. La carica come valore rappresenta la quantità d'acqua uscente da un certo punto a un certo istante, e il flusso attraverso una superficie chiusa ti rappresenta l'acqua totale uscente dalla superficie.
Puoi verificare che la velocità della corrente (in un fluido incompressibile) generata da una sorgente puntiforme che emette in modo uguale in tutte le direzioni, varia con la distanza con una legge tipo 1/r^2 , tipo coulomb appunto.
Il teorema di Gauss allora è evidente: dato che il fluido è incompressibile, la quantità d'acqua totale uscente dalla superficie a un certo istante è uguale a quella uscente in quell'istante dalle sorgenti al suo interno.

Ora puoi verificare che un campo di correnti d'acqua generate solo da sorgenti d'acqua (e non da agenti tipo pale che girano, mulinelli...) è conservativo, cioè se calcoli l'integrale di linea del campo su una linea chiusa ti viene 0. (puoi vederlo dall'espressione tipo 1/r^2, che ammette potenziale).
Però come ti puoi immaginare in un fluido possono esserci altre cose, oltre alle sorgenti d'acqua, che causano correnti: per esempio delle pale che girano appunto.
Ci possono essere anche dei "vortici" a generare correnti. Le correnti generate dai vortici, e senza sorgenti, hanno forma a linee chiuse in cui vanno sempre nello stesso verso, e quindi puoi vedere facilmente che si riconoscono perché la circuitazione viene diversa da zero.
Più precisamente la circuitazione viene diversa da zero se nella superficie racchiusa dalla linea chiusa è contenuto un vortice....altrimenti può anche venire 0.
Così come la divergenza era lo strumento per individuare sorgenti di un campo, il rotore serve a trovare vortici. Il rotore è un vettore che indica la "densità di circuitazione". La circuitazione dipende anche dall'orientamento della linea chiusa su cui si calcola, per questo il rotore è un vettore: ogni sua componente indica anche l'orientamento della superficie su cui si fa la circuitazione.
Il rotore è indicato da $ \nabla\times$\mathbf{B}$ $ .
Per darti una definizione del vettore rotore ti do quella della sua componente x:
è il limite del rapporto tra la circuitazione attraverso una linea chiusa contenuta nel piano yz (cioè una superficie il cui vettore di orientamento è lungo x) e l'area racchiusa dalla linea, al tendere dell'area a 0.
La componente y è il limite di una circuitazione fatta nel piano xz e la componente z di una circuitazione su xy.
Ora, quando la linea chiusa diventa infinitesima, il limite dipende linearmente dal vettore di orientamento della superficie. Se vuoi quindi ottenere il limite calcolato su una superficie di orientamento qualsiasi, fai il prodotto scalare tra il rotore e il versore di orientamento (proiezione).
Allora riassumendo la definizione che ti ho dato prima si può scrivere con:
$ \nabla\times$\mathbf{B}_n$=\lim_{S_A \to 0}\frac{\Gamma_A(B)}{S_A} $

Dove n è il versore che indica l'orientamento della superficie che contiene la linea A, e il pedice indica che del rotore si è preso la proiezione su questo versore.

Se conosci le equazioni di maxwell in forma integrale, con questa definizione puoi dedurre che
$ \nabla\times$\mathbf{B}$=\mu_0$\mathbf{J}+\mu_0\epsilon_0\frac{\partial \mathbf{E}}{\partial t} $
$ \nabla\times$\mathbf{E}$=-\frac{\partial \mathbf{B}}{\partial t} $

Ora come ricavare la circuitazione a partire dal rotore?
La circuitazione su una linea chiusa ottenuta dall'unione di due linee chiuse adiacenti (per esempio due rettangoli) è pari alla somma delle singole circuitazioni (il contributo dovuto ai tratti di linea in comune tra le due si elimineranno, perché in una i prodotti scalari sono in un verso e nell'altra nell'altro).
Quindi per ottenere la circuitazione totale dalla "densità di circuitazione", si fa:
$ \Gamma_A(E)=\int_A (\nabla\times$\mathbf{E})\cdot$d\mathbf{S}.\ $

La circuitazione su una linea chiusa è pari al flusso del rotore attraverso una superficie delimitata dalla linea.

Per trovare l'espressione in coordinate cartesiane del rotore nel punto (x,y,z), prova per la componente x a calcolare il limite usando la circuitazione su un rettangolo centrato in (x,y,z), nel piano yz, di lati dy e dz.
Ripeti per la componente y e z e troverai che l'espressione del rotore è:

$ \nabla\times$\mathbf{E}$=\left( \begin{array}{ccc} \frac{\partial E_z}{\partial y}-\frac{\partial E_y}{\partial z} \\ \frac{\partial E_x}{\partial z}-\frac{\partial E_z}{\partial x} \\ \frac{\partial E_y}{\partial x}-\frac{\partial E_x}{\partial y}\end{array} \right) $

E come prima, in analisi si da la definizione del rotore tramite questa espressione. Ci sarebbe da fare un po' di dimsotrazioni aggiuntive, per esempio che il suddetto limite prima definito, se esiste, non dipende dalla forma della linea chiusa usata.

Secondo le equazioni di maxwell alla fine sono più belle in questa forma, ti permette di vedere in modo diretto anche perché la propagazione dei campi non è immediata ma ritardata (in modo intuitivo, senza calcoli...se ti interessa te lo espongo un'altra volta).

Spero che tutto questo non ti sia troppo ostico e ti sia risultato utile.
In quanto a rigore matematico fa schfio, ma ripeto, qui volevo dare una visione intuitiva.
Ciao.
rargh
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Messaggio da rargh »

Come altri argomenti posso consigliarti...
Uno strumento di matematica non elementare molto usata sono le serie e le trasformate di Fourier, che ti permettono di vedere un segnale nel dominio della frequenza.
E' fondamentale per l'elaborazione audio e video, pensa per esempio all'MP3 che esclude le informazioni sulle frequenze non percepite.
Poi un altro argomento di matematica applicata sono le equazioni differenziali, usate spessissimo per descrivere molti sistemi. Potresti limitarti a quelle lineari tempo invarianti.
MindFlyer

Messaggio da MindFlyer »

Ma ragazzi, è una tesina di maturità... Come cappero fa a parlare di rotori e trasformate di Fourier?!?
rargh
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Messaggio da rargh »

Può vedere le serie di Fourier senza esporre la dimostrazione o i dettagli, dicendo semplicemente che è un modo di vedere il segnale tramite le sue componenti a diverse frequenze, cioè vederlo come una sovrapposizione di tanti seni e coseni a frequenza diversa.
La dimostrazione di come ottenere i coefficienti la può omettere, l'importante è l'idea, che è facile da capire.
Capire il concetto in applicazioni come la musica per esempio è facile.
Per quanto riguarda maxwell, volevo solo fargli vedere come capirle in forma differenziale, non gli ho detto di esporle.
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vitellocromato
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Messaggio da vitellocromato »

un doveroso ringraziamento posticipato a rargh. :P ( a distanza di 2 anni spero che tu sia sempre nel forum)

Che la tua opera continui a brillare sulle generazioni future!

Volevo approfondire un attimo l'operatore Nabla e le equazioni di Maxwell, grazie a quanto hai scritto 2 anni fa invece di perderci 2 o 3 giornate in ricerche e letture pedanti in 2 ore credo che me la caverò!

editato
data la mia ignoranza forse ci metterò un po' di più

aggiungo un link a qualche definizione di base per chi come me non le sapesse

http://www.electroportal.net/vis_resour ... zio&id=103
rargh
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Messaggio da rargh »

Grazie non c'è di che.... riconosco che effettivamente era troppo pesante e piena di analisi per una tesina...

Una cosa importante delle equazioni di maxwell: le leggi che esprimono non dipendono dal sistema di coordinate...

http://en.wikipedia.org/wiki/General_covariance

(non sono riuscito a trovare l'articolo in italiano...)

Se ti servissero espressioni in coordinate diverse da quelle cartesiane (cilindriche, sferiche...)


http://it.wikipedia.org/wiki/Gradiente
http://it.wikipedia.org/wiki/Divergenza
http://it.wikipedia.org/wiki/Rotore_%28fisica%29

Purtroppo io a fisica ho rinunciato subito dopo elettromagnetismo. Ho qualche vaga nozione di relatività ristretta, nessuna nozione di relatività generale... comunque credo che le equazioni di maxwell siano diverse in relatività generale, altrimenti non potrebbero descrivere eventi come la curvatura dei raggi di luce in presenza di campi gravitazionali...

Le stesse equazioni di maxwell le vedi trattate quindi in molti modi diversi... in relatività ristretta assumono una forma molto più semplificata, e i fenomeni di induzione di B e E sono solo espressione di cambiamenti di sistemi di riferimento.

Spero che per te l'apprendimento scorra più facilmente di quanto non sia successo con me... io ho dovuto rinunciare per la difficoltà sempre crescente... ma se vuoi un consiglio, per quanto ti sembrino belle le cose che stai imparando, se non riesci a farle con naturalezza, ma devi sempre impegnarti e sforzarti per capirle, allora lascia stare, altrimenti è frustrante vedere che anche dopo molto tempo non hai una comprensione intuitiva della materia... io ancora adesso casco su questioni di matematica semplicissime...
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vitellocromato
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Messaggio da vitellocromato »

Non faccio fisica direttamente ho solo una infarinatura...

Sto però studiando più modestamente il funzionamento dei motori elettrici, ma si basano sui campi magnetici e ci sono un sacco di cose, date quasi per scontate e forse non richieste, che non riesco a vedere e che urtano con i vari modelli mentali che mi sono fatto di fisica e questo non riesco a digerirlo :evil:

Sono buono di passare giornate dietro domande insignificanti ( che nn riesco nemmeno a formulare) ma è più forte di me ( comunque anche se è un processo lento credo sia molto costruttivo, e ci si rende conto di molti errori concettuali che ci portiamo dietro riuscendo a stanarli)

Come adesso che sto cercando di capire qualcosa ( ma non so cosa) sull'analogia tra circuiti elettrici e magnetici

Mah! :cry:
rargh
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Messaggio da rargh »

Analogie tra circuiti elettrici e magnetici? Boh non ho presente bene quello di cui stai parlando... vuoi dire i trasformatori con dentro i materiali ferromagnetici ecc..?

Ho letto quest'articolo su wikipedia

http://it.wikipedia.org/wiki/Motore_asincrono

e devo dire che non c'ho capito nulla...

Comunque stai attento a una cosa, cioè che mi sembra ci sia un uso multiplo del termine f.e.m. che può causare confusione.

Allora se tu hai una curva chiusa fissa nel tempo, la circuitazione del campo elettrico lungo questa curva sarà pari a - d flusso di B / dt

Nei motori elettrici hai invece dei circuiti elettrici che cambiano posizione nel tempo (il "rotore") ma il fatto che una spira percorsa da corrente in un campo magnetico ruoti è una semplice conseguenza della forza di lorentz (q*v vettor B).
La spira poi comincia a ruotare, e visto che la distribuzione spaziale di corrente cambia nel tempo, ci sarà un campo magnetico variabile, che induce un campo elettrico che avrà effetto anche sulla corrente nella spira (poi ci penserà il tuo generatore esterno a mantenerla al livello desiderato).
E' questo il vero e proprio campo elettrico indotto.

Un caso diverso è se tu stai spostando un circuito elettrico che si sposta all'interno di un campo magnetico. In questo caso consideriamo un campo magnetico costante nel tempo. Supponi anche che il circuito sia rigido e indeformabile.

Ci sono delle cariche libere di muoversi nel conduttore che costituisce il circuito (elettroni). Queste traslano insieme al circuito, e sentono una forza di lorentz pari a F=q*vXB.

Ora dividi questa F per q, ottieni quello che sembra un "campo elettrico indotto" (ha la dimensione di un campo elettrico E)..

E=vXB

Se calcoli la circuitazione lungo la curva chiusa che rappresenta il circuito, ti viene pari proprio a -d[flusso di B]/dt. Però attenzione a non concludere che questa è la dimostrazione della legge d'induzione.

Prima domanda: se il campo magnetico notoriamente non fa lavoro sulle cariche in moto, come si spiega che mi viene una circuitazione non nulla del campo elettrico lungo il circuito, come se avessi un generatore di tensione? Il campo magnetico sta dando energia al circuito? No, puoi vederla infatti così. In ogni punto lungo la curva hai una certa forza di lorentz, ortogonale alla velocità di traslazione del circuito. Questa forza di lorentz non fa lavoro, ma cambia la direzione della velocità di ogni elettrone in modo che risulti una corrente circolante netta nel circuito (se invece gli elettroni mantenessero tutti la stessa velocità di traslazione, non ci sarebbe nessuna circolazione netta di corrente).

Se non c'è una forza esterna che mantiene il circuito a velocità di traslazione costante, per rispettare la conservazione dell'energia, se nel circuito comincerà a circolare corrente allora il circuito dovrà rallentare.

Per essere sicuro: puoi scomporre la forza di lorentz su ogni elettrone in due componenti: una tangenziale al circuito (lungo la curva) e l'altra ortogonale alla tangente alla curva in quel punto. Calcola separatamente il lavoro fatto dalla prima componente e quello fatto dalla seconda. Sono esattamente uguali e opposti. Il lavoro fatto dalla forza tangente è equivalente a quello fatto da un generatore di tensione. Il lavoro fatto dall'altra componente riduce l'energia cinetica di traslazione del circuito. In realtà è una visione artificiosa perché l'energia cinetica totale è sempre quella... semplicemente sono le direzioni delle velocità dei singoli elettroni che stanno cambiando in modo da dare una circolazione di corrente.

Cosa c'entra tutto questo con l'induzione elettromagnetica definita dalle equazioni di maxwell? I due fenomeni sono legati tra di loro, e possono essere visti come lo stesso fenomeno in due sistemi di riferimento diversi.

Immagina di avere una distribuzione di carica ferma, in un sistema di riferimento inerziale. C'è un campo magnetico variabile. Questo campo magnetico variabile è dovuto a un magnete (o una spira percorsa da una corrente costante) che si sta spostando a velocità costante (in moto rettilineo uniforme). Potresti dire che le cariche, essendo ferme, non dovranno sentire nessun effetto da parte del campo magnetico, quindi dovrebbero restare ferme. Però se cambi sistema di riferimento, e vai in quello solidale al magnete, allora in quel caso vedrai il magnete fisso e le cariche in moto rettilineo uniforme, e quindi in questo sistema di riferimento le cariche dovrebbero subire una forza di lorenz e accelerare. Com'è possibile conciliare i due punti di vista, in cui uno vede la carica restare ferma (e quindi senza accelerazione) e l'altro vede la carica accelerare? Puoi conciliarlo imponendo l'esistenza di un campo elettrico indotto dalla variazione locale del campo magnetico.
Prendi una distribuzione a forma di curva chiusa, come quella del circuito di prima. Come prima, puoi vedere che nel riferimento solidale al magnete ci sarà un campo dato da F/q=vXB a circuitazione non nulla, pari a -dflusso(B)/dt.
Però a priori come fai a essere sicuro che il campo magnetico, elettrico , le lunghezze, le superfici, gli intervalli di tempo siano uguali nei due sistemi di riferimento?
In poche parole, detti (E,B) i campi elettrico e magnetico in un sistema di riferimento, e (E',B') i campi elettrico e magnetico in un altro sistema, se tu hai che Circ(E')=-d[flusso(B')]/dt, chi ti garantisce che Circ(E)=-d[flusso(B)]/dt ?
Per ricavare però l'esatta legge dell'induzione da un sistema di riferimento all'altro, avresti bisogno delle trasformazioni della relatività ristretta (quelle galileiane classiche non vanno bene...). Quindi in una visione classica prendi la legge esatta dell'induzione per buona, postulata come una delle 4 equazioni di maxwell, e le dai una spiegazione intuitiva approssimativa come quella appena data.

La spiegazione intuitiva: localmente, come fai a distinguere un campo magnetico variabile generato da una distribuzione di corrente in moto rigido da quello generato da una corrente variabile in un circuito fermo? Se stai misurando il campo magnetico in una regione vuota limitata (non c'è densità di carica né corrente in quella regione) allora non potrai mai distinguere tra i due casi.

Credo che la corrente variabile potrebbe essere vista come il risultato della sovrapposizione di tante distribuzioni "rigide" distinte, ognuna in moto con una velocità diversa. Quindi ogni volta che c'è un campo magnetico localmente variabile, puoi ripetere il ragionamento di prima (da un punto di vista il circuito e fermo e il magnete si muove, dall'altro il magnete è fermo e il circuito si muove...).

Spero ti sia d'aiuto... se ti confonde le idee nel capire l'induzione lascia stare, non è fondamentale...
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vitellocromato
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Messaggio da vitellocromato »

Ho letto ora questo nuovo trattato, per poco ho rischiato che mi passasse inosservato.... sembra molto corposo!
rargh ha scritto:Analogie tra circuiti elettrici e magnetici? Boh non ho presente bene quello di cui stai parlando... vuoi dire i trasformatori con dentro i materiali ferromagnetici ecc..?
Sono modelli grafici analoghi ai circuiti elettrici usati per descrivere fenomeni attinenti a flussi magnetici riluttanze e forzemagnetomotrici.
Facevo ( e faccio) fatica a capire cosa si intendesse per energia magnetica accumulata in una riluttanza, penso di essere quasi arrivato a capire cosa sia ma devo ancora mettere a fuoco qualcosa.


Comunque stai attento a una cosa, cioè che mi sembra ci sia un uso multiplo del termine f.e.m. che può causare confusione.
Buono a sapersi

Ok, c'è un punto qui mi sembra che spieghi l'induzione di una f.e.m in uno spira ferma con flusso magnetico concatenato variabile e una spira, immersa in un campo magnetico costante, che si sposta, e qui sono apposto
Caso della spira che trasla
Ci sono delle cariche libere di muoversi nel conduttore che costituisce il circuito (elettroni). Queste traslano insieme al circuito, e sentono una forza di lorentz pari a F=q*vXB.

Ora dividi questa F per q, ottieni quello che sembra un "campo elettrico indotto" (ha la dimensione di un campo elettrico E)..

Non è un campo elettrico indotto???? Ne prendo atto

parte cruciale

Prima domanda: se il campo magnetico notoriamente non fa lavoro sulle cariche in moto, come si spiega che mi viene una circuitazione non nulla del campo elettrico lungo il circuito, come se avessi un generatore di tensione?
Buono non avevo molto focalizzato il fatto che il campo magnetico non fa lavoro su una carica in moto ( ho avuto una infarinatura 5 anni fa e molte cose le ho dimenticate)

Il campo magnetico sta dando energia al circuito?
Forse mi stai portando sulla giusta strada

Prima impressione (ovviamente sbagliata): sembrerebbe di sì.
ragiono nel seguente modo sbagliato:

Nel caso di spira ferma e flusso magnetico variabile
Se su tale spira posso "vedere" un campo elettrico che si chiude ad anello su se stesso (avendo circuitazione non nulla -?vero?-) un elettrone che lo "sente" dovrebbe percorrere la spira generando una corrente. Nel frattempo l'elettrone urta contro i nuclei del reticolo cristallino del metallo ( ' si chiamva così?') facendoli oscillare e riscaldandoli per effetto Joule ( insomma quell'elettrone ha aquistato energia)

Semrerebbe proprio che il campo magnetico abbia ceduto energia agli elettroni!


Nel caso di spira in traslazione con flusso magnetico concatenato costante
Qui so che quello che fornisce energia è il "motore" che fa traslare la spira.

Però è una nozione memorizzata. non riesco infatti a vedere il motivo....

No, puoi vederla infatti così.

In ogni punto lungo la curva hai una certa forza di lorentz, ortogonale alla velocità di traslazione del circuito. Questa forza di lorentz non fa lavoro, ma cambia la direzione della velocità di ogni elettrone in modo che risulti una corrente circolante netta nel circuito (se invece gli elettroni mantenessero tutti la stessa velocità di traslazione, non ci sarebbe nessuna circolazione netta di corrente).
poco chiaro.
Ipotizziamo di avere un quadrato ABCD con il segmento AB inserito nel campo magnetico e il segmento CD esterno ( mi ci vorrebbe un'immagine per spiegarlo meglio)

la metto in allegato. forza di Lorentz
in questo caso credevo che la carica elettrica mossa dalla forza di Lorentz andasse verso l'angolo A del quadrato creando una ddp ( forse è meglio chiamrla f.e.m) tra A e B e generando in questo modo la corrente.

In questo contesto avrei pensato che un osservatore solidale alla spira vedesse l'elettrone spostarsi con un moto "medio" verso A aquistando velocità e quindi energia....

Non riesco a capire come non faccia lavoro la forza di Lorentz.

Se sono solidale alla spira l'elettrone non si sposta ( tralasciando il moto caotico che possiede) in direzione della forza? La forza non dovrebbe compiere lavoro?

Per essere sicuro: puoi scomporre la forza di lorentz su ogni elettrone in due componenti: una tangenziale al circuito (lungo la curva) e l'altra ortogonale alla tangente alla curva in quel punto. Calcola separatamente il lavoro fatto dalla prima componente e quello fatto dalla seconda. Sono esattamente uguali e opposti.
Devo avere un errore di visualizzazione nel vedere il moto dell'elettrone.

Perchè non mi torna? dove sbaglio?

Nell'esempio che avevo portato tutta la forza di Lorentz è diretta lungo il lato AB della spira che coincide con la sua tangente.
E mi torna che compie lavoro!

Forse è perchè ho preso un sistema di riferimento mobile?

Al momento mi fermo qui vedo un po' in giro se riesco a capire.

è tutto molto interssante ed anche utile (in genere mi perdo dietro l'interesse e lascio perdere l'utilità) ma qui si unisce utile al dilettevole.

Non ho letto il resto per ora perchè prima voglio vedere se riesco a sciogliere questo nodo
Allegati
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TADW_Elessar
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Messaggio da TADW_Elessar »

Il disegnino che hai fatto non è del tutto corretto:
  1. Tirando la spira fuori dal campo magnetico, induci una corrente $ ~i_{ind} $ nella spira stessa nel verso determinato dalla legge di Lenz, di intensità
    $ \displaystyle i_{ind}=\frac{\mathcal{E}_{ind}}{R}=\frac 1 R \frac{\mathrm{d}\Phi_B}{\mathrm{d}t} $

    Chiamando $ ~AB = l $ ti puoi convincere del fatto che quest'espressione vale

    $ \displaystyle i_{ind}=\frac{Blv}{R} $
  2. Puoi visualizzare questa corrente come causata da quella forza che hai disegnato tu, solo che punta dall'altra parte, poiché è $ ~\vec{F} = q(\vec{v}\times\vec{B}) $ ma la carica dell'elettrone è negativa. La corrente comunque scorrerà in senso orario, perché il verso convenzionale della corrente è quello in cui si muoverebbero dei portatori di carica positiva.
  3. La forza elettromotrice indotta ovviamente compie un lavoro! Per definizione è $ ~\mathcal{E}=\frac{\mathrm{d}L}{\mathrm{d}q} $. L'energia ce la stai mettendo tu, applicando una forza per tirare la spira fuori dal campo magnetico a velocità costante.
  4. Nel circuito infatti scorre una corrente, e il campo esercita una forza sui lati AB e CD pari a $ ~\vec{F} = i(\vec{L}\times\vec{B}) $. E puoi facilmente vedere che questa forza si oppone al moto (idea alla base dei freni magnetici). L'energia dove finisce? Semplice, si trasforma in calore a causa della resistenza del filo con potenza $ ~P = i^2 R $.
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vitellocromato
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Messaggio da vitellocromato »

TADW_Elessar ha scritto:Il disegnino che hai fatto non è del tutto corretto
è vero hai ragione :oops:
[*]La forza elettromotrice indotta ovviamente compie un lavoro!
ma un lavoro non è compiuto solo da forze ( e per estensione al più dal corpo che genera una tale forza)?

la f.e.m. ha le dimensioni di un potenziale, ha senso dire che compie lavoro? O mi manca qualcosa?
[*]Puoi visualizzare questa corrente come causata da quella forza che hai disegnato tu....
ho il sospetto che sto prendendo un granchio...

una carica a velocità costante in un campo magnetico si muove di moto circolare e La forza di Lorentz è sempre ortogonale alla velocità per cui ha ragione rargh quando dice che la forza di Lorentz non compie lavoro...

Sto leggendo su un libro magari ci capisco qualcosa
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