Un problema fondamentale

lordgauss · Messaggio da **lordgauss** » 01 gen 1970, 01:33

Non sapevo dove postare questo messaggio: chiedo dunque preventivamente scusa se sono fuori dal tema trattato in quest\'area.
 
 Quello che mi affligge è un dubbio di natura metamatematica: introduciamolo con un esempio concreto.
 Affrontando un problema di geometria piana, è spesso fondamentale ai fini della risoluzione andare a tracciare un nuovo oggetto (un perpendicolare, una parallela, etc..) oltre a quelli dati nel testo, oppure applicare una trasformazione del piano, o inscrivere la figura in una circonferenza....
 Ora io mi chiedo: come può un nuovo elemento, del tutto arbitrariamente inserito nel contesto, mettere in evidenza proprietà nuove altrimenti nascoste? Ed estremizzando: perchè la soluzione di un problema non è immediatamente sotto i nostri occhi, ma necessita di artifici per essere raggiunta?
 Perchè tutti i teoremi di matematica, pur discendendo per necessità dagli assiomi non si mostrano nella loro evidenza, ma anzi restano per la maggior parte inaccessibili?
 
 Spero di avere delle risposte: chiamo direttamente in causa Jack, del quale abbiamo potuto apprezzare in passato la vena sofistica.
 
 Ciao e un grazie preventivo,
 [addsig]

Gauss · Messaggio da **Gauss** » 01 gen 1970, 01:33

Come direbbe leibniz i teoremi sono verità di ragione ed in quanto tali sono \"identiche\" agli assiomi dai quali discendono. Buttati là un mazzo di assiomi, abbiamo immediatamente \"creato\" tutti i teoremi da questi deducibili, a prescindere che noi riusciamo a dedurli. Quando costruiamo un gruppo appropriato di assiomi nel contempo costruiamo anche un insieme che contiene tutte quelle proposizioni che hanno la proprietà di essere logicamente deducibili dal gruppo di assiomi. A questo punto si possono seguire due strade partire dagli assiomi e tramite una serie di argomentazioni arbitrarie giungere a dei teoremi (come dall\'entrata di un labirinto si può arrivare in una stanza qualsiasi), oppure partire dal teorema e cercare di trovare una catena di deduzioni che porti agli assiomi, cioè alla dimostrazione del teorema (partire dal bel mezzo del labirinto e cercare una via di scampo).
 
 Il fatto che le verità dei teoremi non siano autoevidenti è secondo me dovuto al fatto che se si segue il processo da dentro a fuori, cioè dal teorema agli assiomi ci si trova di fronte a scelte che vanno valutate, scelte che non si incontrerebbero seguendo il procedimento inverso cioè quello della scoperta casuale dei teoremi , partendo dagli assiomi.
 
 In fondo non è il teorema che ci chiede di essere dimostrato, lui sa già se è in o out <IMG SRC="images/forum/icons/icon_biggrin.gif">
 
 [addsig]

jack202 · Messaggio da **jack202** » 01 gen 1970, 01:33

Innanzitutto un grosso in bocca al lupo a tutti gli olimpionici di domani (20-02-2002, data
 palindromica... mi gioco la testa che un
 problema chiederà di calcolare tra quanti
 giorni avremo nuovamente una datazione
 \"ambiversa\"... risposta ? 2903)
 
 Michelangelo sosterrebbe sicuramente
 che le \"costruzioni notevoli\" necessarie
 alla risoluzione di un problema geometrico
 sono \"già sulla carta\", e lo scopo del
 matematico è solo quello di aguzzare
 la vista per svelare questi mirabolanti
 oggetti... non concordo... dal mio punto
 di vista ogni problema geometrico è fonte
 di un numero di considerazioni così
 cospicuo da dar vita istantaneamente
 ad un abbozzo di neo-branca della
 geometria (cfr. il passaggio dalle
 proprietà dei quadrilateri ciclici alla
 geometria proiettiva, il teorema di
 Napoleone e gli spazi vettoriali, i grafi
 e i poliedri regolari). L\'evidenza o meno
 di una risoluzione è molto legata al
 talento del risolutore (cfr. Eulero e
 il problema dei ponti di Koenisberg),
 e chiedersi PERCHè certe folgori
 matematiche non saltino subito ai
 nostri occhi è questione capziosa : vi
 siete mai chiesti perchè le virtù di certe
 persone restino celate a lungo piuttosto
 che deflagrare istantaneamente ?